Complotto – Parte 1: La quantistica da bar

di Dario Meneghetti

Nel nome del padre del figlio e dello spirito quantico.

Nella nuova religione del complottismo tutto è quantico: la mente, lo spirito, la medicina, i tramezzini antimateria ai nano gamberetti grandi come un neutrino.
Di fisica quantistica tutti sanno tutto, tranne poi non sapere neppure chi l’abbia teorizzata.
Incuriosito dell’argomento, ho digitato a caso “fisica quantistica”: al terzo posto, mi è apparso il centro estetico dietro casa dal nome ambizioso anziché no di “Quantistic Tecnologies”, fornito di vasche per il pediluvio horror coi pescetti che ti mangiano i calli. Il loro trattamento di punta?… La depilazione laser. Ora, d’accordo che il laser esiste grazie alla quantistica, ma non credo che la depilazione laser sia esattamente quello che intendono gli scienziati per quantistic tecnolgies. Al secondo posto, un blog spiegava come la “nuova” fisica possa venire incontro alla psicologia. Usando paroloni come salto quantistico, entanglement, interconnessione, propri della fisica, spiegavano come si potesse arrivare all’equilibrio interiore attraverso la focalizzazione del sé.
Leggendolo, ho perso il mio equilibrio interiore.

Al primo posto grazie a dio, c’era un sito che spiegava come la comunità europea abbia stanziato un miliardo di euro per finanziare la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie basate sui fenomeni quantistici. Uno di questi è il computer quantistico in grado di svolgere funzioni impossibili per un computer normale. È l’era di una nuova rivoluzione tecnologica, chiamata ” la seconda rivoluzione quantistica”.
Per l’equilibrio interiore, rivolgersi alla spa coi pescetti callivori.

Di meccanica quantistica all’inizio ne capivano relativamente poco perfino i suoi teorizzatori, e la nebulosità è ideale quando si vuole dare una veste scientifica a qualcosa che altrimenti da sola non sta in piedi.
È una vecchia tecnica nota fin dagli albori della chiesa, quando per darsi una solida struttura epistemologica, attinse a piene mani dalla filosofia greca. Tutto per poi rinnegarla sia scientificamente, affermando che la terra fosse piatta e immobile (Aristarco ed Eratostene avevano dimostrato il contrario secoli prima), sia filosoficamente con la messa al bando dei testi di Aristotele. Un oscurantismo religioso che serviva ad affermare la centralità della chiesa e dell’essere umano nell’universo.

Ricalcando le orme della chiesa, anche la nuova religione negazionista si veste di scienza per strutturarsi e darsi una credibilità, prendendo ciò che serve ed omettendo ad arte ciò che non fa comodo. La destrutturazione sistematica della realtà ufficiale in tanti “pacchetti” dietrologici usa e getta. Questo è il principale obbiettivo della falsocrazia webete che, solleticando i più indegni pruriti egotici, ne propone una pletora di alternative diffondendo il virus della complottite. Se poi ci mettiamo l’ignoranza, il fatto che sia molto più comodo credere ad una bugia ben confezionata che sputare l’anima sui libri, l’inclinazione umana al sospetto e una buona dose di arroganza… e il business è fatto.

Non è certo un fenomeno recente, basta pensare al tutt’ora fiorente mercato editoriale legato alle ridicolaggini nate sessant’anni fa, circa un fantomatico falso allunaggio girato in studio al posto di quello vero, scioccamente attribuite a Stanley Kubrik. Fanfaluche incommentabili – almeno per rispetto – che ancora vengono spacciate in oscuri convegni di squinternati a euro 80 bibbia di cazzate e pranzo inclusi.
Non è recente dicevo, ma a tutto questo oggi si aggiunge una componente fondamentale che ne amplifica a dismisura il potenziale facendone una vera e propria economia parallela costruita sull’aria fritta. Internet.

È il regno dei nuovi guru dello zoo informatico, dove il committente sono i miliardi di utenti stessi. Un paradiso di autocelebranti saprofiti, che si abbattono impietosamente sull’informazione per autosostentarsi cavillando sul sesso degli angeli.
Una delle critiche più ricorrenti ai canali ufficiali come la tv, è quella della dipendenza dalla pubblicità che essendo la principale fonte di guadagno ammanetterebbe la libertà d’informazione.
Ora, preso per buono che il problema sia la dipendenza dal committente – tesi per altro discutibilissima – allora tutto quello che viene spacciato in internet è a sua volta inattendibile, solo che in questo caso i committenti siamo noi stessi, coi nostri like e visualizzazioni che portano di nuovo ai soldi della pubblicità: il cerchio si chiude.

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