La morte di Pasolini

Pier Paolo Pasolini, intellettuale, poeta, scrittore, regista, figura di spicco del Novecento italiano, morì in strane, tragiche, misteriose circostanze.

Domenica 2 novembre 1975 – ore 6 circa – Lidi di Ostia

La signora Maria Teresa Lollobrigida, casalinga di 46 anni, nota qualcosa davanti alla casa che sta costruendo con il marito su un terreno demaniale; qualcosa che, a prima vista, sembra immondizia. Si avvicina e realizza che si tratta di un corpo umano. Ha la testa fracassata, i capelli impastati di sangue, la faccia sulla sabbia. Vestito con canottiera verde e blue-jeans macchiati di grasso di macchina, stivaletti marroni alti fino alla caviglia. Il volto è tumefatto, un orecchio quasi tagliato di netto, il torace sfondato. È il cadavere di Pier Paolo Pasolini.

Domenica 2 novembre 1975 – ore 1:30 circa

Sul lungomare di Duilio di Ostia, una Giulia 2000 Alfa Romeo GT grigia viene fermata dai carabinieri dopo un duro inseguimento. Alla guida c’è un ragazzo di 17 anni; si chiama Giuseppe Pelosi. Ha precedenti penali per furto ed è uscito pochi mesi prima dal carcere minorile. L’auto è di proprietà di Pier Paolo Pasolini. Verso le 4:30, dopo l’interrogatorio, Pelosi pare che gridi: “Cosa ho fatto, mamma. Cosa ho fatto!” Quindi cade addormentato.

Sabato 1 novembre 1975 – ore 23:30 circa (dalla testimonianza di Pelosi)

Pasolini prende in bocca il pene di Pelosi, ma non conclude il “bocchino”. Scendono dalla macchina e Pasolini lo preme da dietro cercando di abbassargli i pantaloni. Pelosi dice di smetterla ma Pasolini raccoglie un paletto e glielo appoggia sul sedere. Pelosi dice: “Che ti sei impazzito?!”, quindi tenta di scappare ma inciampa e cade. Pasolini lo colpisce col bastone più volte. Pelosi vede una tavola, la raccoglie e gliela sbatte in testa. Poi gli dà due calci nelle palle e ancora colpi di tavola in testa, finché non lo vede cadere a terra, rantolante. Pelosi corre verso la macchina, sale e parte. Forse schiaccia, ma involontariamente, il corpo di Pasolini.

Sabato 1 novembre 1975 – ore tra le 22 e le 23 circa (dalla testimonianza di Pelosi)

Pelosi si attarda con alcuni amici nei pressi della stazione Termini, quando un “frocio” tra i trentacinque e i cinquant’anni, a bordo di una Alfa Romeo GT, lo avvicina. Pelosi si allontana verso il chiosco-bar di piazza dei Cinquecento e, dopo pochi minuti, l’uomo sulla GT lo tallona. Scende dall’auto e gli propone di fare un giro con lui; gli promette un bel regalo. Nulla di chiaro, ma Pelosi capisce. Insieme vanno in una trattoria. Pelosi beve una birra e mangia spaghetti e un quarto di pollo. L’uomo non mangia niente. Infine risalgono in auto e Pasolini chiede se gli va di fare un giro verso il mare. Propone di andare lì a “fare qualcosa” per un regalo di ventimila lire.

Incongruenze

Nella macchina di Pasolini è stato trovato un golf verde. La taglia non corrisponde né a Pasolini né a Pelosi. Inoltre, viene trovato il plantare di una scarpa, anche questo non corrisponde alla misura dei due. E dalle testimonianze di chi, il giorno prima, ha pulito l’auto, risulta che né il golf né il plantare erano presenti nell’auto.
Nell’auto non sono stati trovati il pacchetto di sigarette e l’accendino che Pelosi aveva richiesto durane l’arresto.

Le impronte

Nel campo dove è avvenuto l’assassinio, sono state ritrovate impronte non corrispondenti né a Pasolini né a Pelosi. Altre incongruenze riguardano chiazze di sangue trovate sul tetto dell’auto, che contraddicono con quanto testimoniato. Tali tracce lasciano supporre che Pelosi sia salito (stranamente) dalla parte del passeggero e poi sia passato al posto di guida. Tutto questo fa supporre che, insieme a Pelosi, ci fosse un altro.
Inoltre, l’analisi degli schizzi di sangue sugli abiti di Pelosi risulta non combaciante con quanto narrato dallo stesso sulle dinamiche della colluttazione.
Pelosi presenta una sola ferita alla fronte, causatagli durante la frenata in seguito all’inseguimento dei carabinieri.
Anche quanto raccontato riguardo l’approccio alla stazione, risulta incongruente con le testimonianze di altri ragazzi lì presenti.
Insomma, tutto quanto narrato da Pelosi risulta chiaro ma poco attendibile.

Figure oscure

Una lettera anonima recapitata il 3 maggio 1976 a Franco Rossi del “Paese Sera” sostiene che un’auto inseguiva l’auto di Pasolini, e quell’auto, secondo le testimonianze, aveva a bordo quattro delinquenti noti ai ragazzi che bazzicano prostituendosi in zona stazione. Gente che li aveva spesso minacciati e menati, dicendo che gli rovinavano il mercato. Si tratta insomma di quattro papponi.
Quattro papponi che avrebbero ammazzato a botte e sprangate Pasolini. L’ipotesi è che sia stato trascinato fuori dall’auto, mentre era con Pelosi, e ucciso, mentre Pelosi si allontanava spaventato. Poi avrebbero minacciato Pelosi di tacere e prendersi la colpa.
Ma perché quattro papponi avrebbero ammazzato Pasolini? Qui il mistero.
Mistero su cui Enzo Siciliano (il suo libro è del 1979) offre una sola interpretazione: un agguato con mandante di tipo politico. Un assassinio costruito a tavolino.

7 maggio 2005

Durante la trasmissione “Ombre sul giallo” trasmesso sulla Rai, Pelosi ritratta quanto dichiarato trent’anni prima. Dice di non essere lui l’assassino di Pasolini e di non avervi partecipato. Tre uomini a lui sconosciuti, dall’accento siciliano, lo avrebbero ucciso con bastoni e catene, e poi avrebbero ricattato Pelosi con minacce, per lui e i suoi famigliari.
Il tentativo, da parte dell’avvocato Marazzita, di riaprire il caso viene rapidamente archiviato, perché viene provato che Pelosi era stato pagato per partecipare alla trasmissione.
Il caso rimane, sostanzialmente, ancora irrisolto.

Per approfondire: Enzo Siciliano Vita di Pasolini

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