Voltaire: l’arte del cinismo

Oggi leggiamo Voltaire (1694-1778) come uno degli esponenti massimi dell’illuminismo. Lo si studia come pensatore e sono soprattutto note le sue prose. I suoi contemporanei avevano però un’ottica diversa dalla nostra.
Al tempo egli era apprezzato come poeta e drammaturgo. Le sue opere teatrali (attualmente lette solo da qualche specialista del settore e difficilmente rappresentabili) erano al tempo considerate dei capolavori, per lo meno in Francia. E si consideri che la Francia dominava culturalmente l’Europa. Shakespeare, per noi oggi il re del teatro, era completamente sconosciuto ai francesi, i quali consideravano i suoi drammi rozzi. E così la pensava lo stesso Voltaire, che fu comunque colui che fece conoscere Shakespeare ai francesi (scrisse anche una propria versione del Giulio Cesare… peggiorandolo).

Un borghese tra gli aristocratici

All’età di 31 anni, Voltaire poteva dirsi più che fortunato: lodato come drammaturgo, protetto da Madame de Prie (signora molto potente) era accolto nell’altissima società, dove frequentava la creme e se la spassava con le leggiadre dame di corte, anche maritate. Era giovane, spavaldo, intelligente, arguto, ottimo oratore, cinico, elegante, imparruccato, vestito alla moda e, come non bastasse, considerato un grandissimo poeta.
Aveva però un neo… un neo almeno per quel mondo: era di origine borghese, non basso, sia chiaro, alto-borghese, ma sempre borghese. Il suo vero nome era infatti François-Marie Arouet. Voltaire non era altro che uno pseudonimo, un nome accattivante ed elegante, dietro cui si mascherava.
Oggi Voltaire è tra gli intellettuali più noti in difesa della democrazia, ma la sua era una visione decisamente comoda. Potremmo definirlo un radical-chic.

Invidie di corte

Accadde però una cosa spiacevole, che segnò la sua vita. Una sera a teatro un signore, un certo cavaliere Rouhen (di famiglia potentissima) lo provocò. Gli disse ghignando: “Debbo chiamarvi Voltaire… o Arouet?”
Lui rispose a tono: “Qualunque sia il mio nome, sono pronto a difenderlo.”
La risposta fu ottima, ma le conseguenze pessime: sfidare un nobile, per di più di famiglia potente, era molto rischioso. La faccenda si chiuse quella sera così, ma Rouhen, in altre occasioni, calcò ancora di più la mano, finché un giorno lo fece bastonare dai propri servi, mentre assisteva la scena dalla carrozza. Angosciato, ferito, umiliato Voltaire provò a protestare con gli altri signori di corte ma, invece di ricevere sostegno, tutti, uno ad uno, gli voltarono le spalle. D’altronde, era sì un ottimo poeta, ma non di sangue blu.
Anche quei pochi che formalmente gli davano ragione, non mossero un dito. Era adesso un borghese solo, tra aristocratici.

Arresto

La legge era teoricamente dalla sua parte. La prassi era tuttavia ben diversa. Egli avrebbe voluto sfidare a duello Rouhen, ma questi era un vile e un intoccabile. La polizia iniziò a perseguitare Voltaire e, appena si presentò l’occasione, lo arrestarono. Lo arrestarono poiché trovato a prendere lezioni di scherma. Per ordine del re, fu condotto alla Bastiglia. Qui rimase 15 giorni, poi ebbe il permesso di esiliare. Così andò in Inghilterra.
Non è il caso di commuoversi troppo per Voltaire! La sua vita fu sostanzialmente una passeggiata. Non conobbe mai la miseria, e questo esilio fu per lui un fortunato viaggio che durò circa tre anni. In Inghilterra (che era un mondo molto diverso dalla Francia) frequentò ambienti colti e agiati.
Va detto in sua difesa che era un ottimo combattente, anche duro, anche provocatorio, probabilmente antipatico e spietato. La sua grande arguzia riusciva sempre a permettergli di affrontare i guai capovolgendoli a proprio favore.

In Inghilterra

Del suo periodo inglese si sa poco. Ma anche qui non perse occasione per farsi nemici. Ovunque andava si faceva nemici. Alcune fonti lo definirono un parassita sociale, un truffatore, una spia addirittura. Ma queste potrebbero essere voci nemiche. Una cosa è certa, dall’Inghilterra porta un nuovo libro: Lettere filosofiche. Questo libri può considerarsi una sorta di vendetta all’affronto dei nobili. Infatti, qui esaltava i progressi sociali inglesi e i vantaggi portati dalla rivoluzione. Egli mette in risalto le inefficienze dell’ancienne regime. Però è abbastanza astuto e cauto da non parlare mai direttamente di politica. Il suo approccio è filosofico.

Ritorno in Francia

Con Lettere filosofiche, Voltaire porta in Francia delle novità: Newton (di cui espone le idee rivoluzionarie) e Shakespeare. Il libro fu pubblicato in modo clandestino e venne condannato come testo scandaloso e contrario alla religione. Andava bruciato pubblicamente. Ma cosa accadde? Accadde che le accuse di scandalo furono la sua fortuna. D’altronde, cose simili accadono anche oggi. Il libro censurato fu un successo editoriale e le vendite decuplicarono. Il suo successo culturale riprese in modo ancora più vasto e, al successo, si aggiunse la serenità economica, grazia a una agevole eredità paterna.
A 40 anni, Voltaire era già all’apice del successo, e molti dei suoi libri più noti dovevano ancora essere scritti.

Ateo convertito?

La sua vita fu lunga (visse 84 anni) e vi furono altri episodi (l’adesione all’illuminismo e il distacco, lo scontro con Rousseau), avversità (la morte della sua compagna, Madame De Châtelet) avventure (il periodo prussiano presso la corte di Federico II, con quel rapporto fatto di ipocrisie e inganni) altri viaggi, in un crescendo di trionfi, invidie, ammiratori e detrattori fino alla morte in Francia, a letto, probabilmente per tumore alla prostata.
In duello fino alla fine, il sacerdote gli chiese una dichiarazione di fede al cattolicesimo.
Anche qui, c’è chi dice che Voltaire, in extremis, si convertì, chi sostiene che si tratti di menzogna. L’ultima sua dichiarazione scritta a riguardo fu: “Muoio adorando Dio, amando i miei amici, non odiando i miei nemici, e detestando la superstizione.”
Ma non bastava. La curia parigina si oppose alla sepoltura sacra, in quanto morto senza assoluzione.

Per approfondire: Lytton Strachey Voltaire

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