Ora e qui: intervista a Erri De Luca

Questa intervista risale al luglio del 2008. Va quindi contestualizzata al periodo.
Il governo in carica vedeva come Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (era il suo quarto governo). Qualche dato per rispolverare la memoria: il partito di maggioranza era Il Popolo della Libertà; seguiva il Partito Democratico, Lega Nord, Unione d Centro, Italia dei Valori. Renato Brunetta era Ministro della Pubblica Amministrazione (e lo è tuttora). Giorgia Meloni era Ministro della Gioventù. Alla Giustizia c’era Angelino Alfano (padre del noto Lodo…).
Quando, nelle mie domande, faccio riferimento alla situazione catastrofica mi riferivo, in particolar modo, alla crisi economica grave in cui eravamo entrati.
L’intervista è stata realizzata via mail, con l’invio delle domande (tutte insieme) e le relative risposte. Erri De Luca ha dimostrato grande disponibilità e precisione.

Erri De Luca (Napoli – 1950) è scrittore e traduttore. Ha svolto diversi mestieri come operaio qualificato, camionista, magazziniere e muratore. Ha pubblicato numerosi testi di narrativa e poesia, tra cui ricordiamo: Non ora, non qui; In alto a sinistra; Tu, mio; L’urgenza della libertà; Tre cavalli, Montedidio; Il contrario di uno; Chisciotte e gli invincibili; Pianoterra; Il giorno prima delle felicità; Il peso della farfalla, Impossibile. Ha inoltre tradotto vari libri della Bibbia (tra cui il Kohèlet, Giona, Esodo, Libro di Rut.)
Ha ricevuto in Francia il premio France Culture nel 1994 e il Laure Bataillon nel 2002.

Teroni: Il suo scrivere mi sembra orientato nella ricerca di una verità, che può essere la definizione di un “valore” o lo scavarsi dentro alla ricerca di sé stessi. Supposto che la mia impressione sia esatta, le chiedo: quanto è possibile fondere la “verità” con la “letteratura” che, per dirla con Manganelli, è “menzogna”?

De Luca: Verità? In letteratura è la sospensione dell’incredulità da parte del lettore. Si legge per farsi raccontare una storia, dunque uno scrittore parte già avvantaggiato da questa buona disposizione. Poi deve meritarsela. Se la storia tiene compagnia, trasporta il lettore, gli fa saltare la fermata dove deve scendere, contiene verità sufficiente. Che la letteratura sia menzogna è una battuta efficace solo in tribunale.

Teroni: Lo stile dei suoi scritti, nella sua forma così lenta e meditativa, sembra opporsi naturalmente alla dimensione chiassosa e frenetica dell’Italia di oggi. Che idea si è fatto del clima di catastrofe attuale del nostro Paese?

De Luca: Sono stato un passante di qualche guerra, di un terremoto. Non credo la parola catastrofe sia adatta alla nostra stagnazione. Vedo da noi il buon successo politico di quelli che sfruttano il sentimento della paura. Quando la paura produce maggioranze politiche, si sta in un tempo vile. In tempi opposti il coraggio produce maggioranza.
Il mio stile, come lei lo chiama, è solo il tono di voce di un io narrante che srotola il filo di una storia. Non risente dei climi, perché scrivo storie inattuali.

Teroni: A suo avviso, in un’Italia post-agricola e post-industriale, un’Italia fondata sul terziario e dominata dai mass media, che peso può avere un libro?

De Luca: Non credo che l’Italia sia post-agricola. Anzi credo che sia neoagricola. Il nostro maggiore prodotto di esportazione è il vino, più di abbigliamento e automobili. Ma mi sembra che il libro non c’entri con il neo e il post. È un oggetto di svago al più basso costo rispetto a cinema, teatro, concerto, sport. È un oggetto che resta. Credo che continuerà a lungo a viaggiare tra le mani.

Teroni: Pare che si legga molto poco nel nostro Paese. Tullio De Mauro osserva che due terzi della popolazione italiana non legge né un libro né un giornale. Secondo lei da cosa dipende questo?

De Luca: Non me ne intendo. Vedo il mio editore Feltrinelli aprire di continuo librerie e non è un industriale in perdita e non è un benefattore. Se non si legge, almeno si compra. Il libro fa più spesso parte dell’abbigliamento, sta addosso a persone in treno, metro, è distribuito nelle edicole e nei supermercati. Se la maggioranza non legge, vuol dire che da noi c’è un grande margine di crescita del mercato. Sono in definitiva contrario al lamento sulla morte presunta del libro, un funerale annunciato come quello di Dio e mai celebrato.

Teroni: La mia impressione è che, oggi, l’intellettuale viva in un mondo isolato ed elitario, fortemente staccato dalla società; mentre gli intellettuali, dal Dopoguerra fino agli anni Settanta, avessero una maggior incisività culturale. Qual è la sua idea in proposito? Cosa è successo in Italia negli ultimi 30 anni?

De Luca: Non credo alla funzione degli intellettuali. Credo nell’esempio isolato di uno come Pasolini da noi, Camus in Francia, che in solitaria hanno marcato un territorio di confine. Di solito l’intellettuale si disloca al centro, per temperamento e convenienza. C’è stata una stagione sola, negli anni ’70, in cui la forza della sinistra rivoluzionaria, delle sue ragioni e del suo numero, si trascinò al seguito un reparto di piccole celebrità poi pentite. Tra queste non metto Dario Fo e Franca Rame che furono invece dei militanti attivi di quella sinistra rivoluzionaria e contribuirono alla sua crescita. E non se ne sono pentiti.
Negli ultimi trent’anni, cioè dall’80 in poi in Italia non è successo niente, niente che abbia un rilievo internazionale.

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