Vacanze d’infierno: VI puntata – Nudi

(Gli uomini nudi fanno schifo, a prescindere).

Mi sveglio in un bagno di sudore, stordito. Per i primi attimi non capisco dove sono, poi realizzo… sono in vacanza. Vedo le mie figlie: sedute davanti al ventilatore, nella posizione tipica degli adolescenti, ovvero chine sul cellulare. “Quanto ho dormito?” chiedo. Pare una quindicina di minuti. A me sono sembrate ore.

Ordine e pulizia

In sottocoperta, in quel ridotto spazio, le nostre cose erano disposte in modo fantasioso. Non c’erano armadietti, non c’erano mensole. I pochi spazi andavano quindi razionalizzati. In Moby Dick, Melville precisa che nelle navi sono fondamentali ordine e pulizia. Lo faccio presente alle mie figlie, le quali annuiscono ma non muovono un dito, se non sulla tastiera.
Chi ha figli capisce bene cosa intendo: i figli ti dicono “Ok!” ma non agiscono. E non agiscono neppure al secondo o terzo richiamo. Normalmente devi alzare il tono, per farli agire. Ma non era il caso…
“Ho bisogno di un caffè” gli ho comunicato. Hanno di nuovo annuito.

Dai cinesi

Non si vedevano bar nei dintorni. Solo barche e barche vuote. Dominava, tra l’altro, quell’atmosfera sonnolenta delle domeniche estive. A pochi metri c’era soltanto un tristissimo e gigantesco ristorante cinese, dove non c’erano clienti, ma era aperto. Entro. C’è un cinese che fissa il cellulare e che non mi considera minimamente. Dietro il bancone, un uomo. Sta sistemando delle cose e anche lui non mi considera. Allora dico: “Hola!”
Con totale calma e indifferenza, muove gli occhi su di me e accenna un saluto.
Non sorride. È inespressivo. Forse leggermente scoglionato.

Caffè all’italiana

Va precisata una cosa: prendere il caffè al banco è una cosa, credo, tipica italiana. In Spagna non si usa. Uno si siede, ordina, gli portano l’ordinazione, paga al tavolo. Normalmente avviene così. Mi è parso anche abbastanza bizzarro, per gli spagnoli, andare a pagare alla cassa. Probabilmente, nelle zone turistiche, se ordini un caffè al bancone, il gestore, uomo di mondo, sa che è una cosa da italiani, e te lo fa. Forse ti guarda strano ma te lo fa.
Quando ho chiesto al cinese un caffè, così al banco, quello mi ha fissato come se gli avessi chiesto se fosse disposto a ballare con me un cha cha cha.

Cortito

Al suo sguardo perplesso sono rimasto impassibile: volevo un caffè. Lui, con estrema calma, me lo ha fatto. E qui va precisata un’altra cosa.
Il caffè espresso è probabilmente molto buono a Napoli. Nel resto dell’Italia è discreto, ma comunque più o meno buono. In Spagna (che è in fondo nostra cugina di primo grado) trovare un caffè discreto è molto difficile. E sappiate che lo pagherete, almeno, 1,40. E ricordatevi di dire sempre “cortito”, ovvero ristretto. Se no, vi appioppano una tazza piena fino all’orlo.
Ebbene, se normalmente in Spagna è cattivello, il caffè che mi ha fatto il cinese era una roba indescrivibile. Una roba che solo il mio spassionato amore per il caffè poteva farmi bere.

Reagire ai guai

Ringalluzzito dal caffè, torno in barca con propositi ottimistici. “Forza ragazze! Si va al mare e poi a Barcellona!” Erano un po’ abbacchiate. E io: “Un bel tuffo e torneremo in forma. Forza!”
Quindi ci prepariamo. Chiudiamo il tambucio con la serratura (non si trattava di un’operazione facile) e ci incamminiamo. La spiaggia distava una decina di minuti. Il cuoco siciliano mi aveva detto che era proprio lì dietro.

Spiagge

Oltre il mastodontico palazzo di un hotel, si estendeva in effetti la classica passeggiata lungo mare con gente che andava avanti e indietro, palme, panchine, bar e negozi su un lato, sull’altro lato la distesa di spiaggia.
A vederla a una ventina di metri, era una normalissima spiaggia piena zeppa di persone e continuava verso sud per chilometri. C’era gente in acqua, gente sul bagnasciuga, gente stesa al sole. Per comodità, noi ci siamo appropinquati sulla parte più vicina, la prima zona davanti a noi.

Come mamma li fa fatti…

Io guidavo arditamente il gruppo. Appena metto piede nella sabbia e mi avvicino alla folla, la prima cosa ci appare è un uomo sui cinquanta, supino, braccia e gambe allargate, completamente nudo. Oltretutto, quella carogna, ben dotato. “Ma questo è uno pazzo!” penso. E subito noto che non era l’unico pazzo: erano tutti completamente nudi lì, donne e uomini. E stavano tranquillamente nudi come si sta tranquillamente al mare. Senza pudore, nudamente stesi, seduti, rannicchiati o in acqua.

Obbrobri

“Papà… ma qui sono nudi!” mi dice Dafne. E io: “In effetti… sono proprio nudi! Tutti completamente nudi!”
“Oddio che schifo!” commenta Sofia.
Cerco immediatamente di metterla sul ridere. “E va beh dai… D’altronde uno nasce nudo. Non fateci caso… Andiamo un po’ più in là però. Fate finta di niente voi.”
Intanto io (vigliaccamente vestito) guardavo i nudi… Ouh! Non ce n’era una, nemmeno una vagamente piacevole alla vista! Tutta una schifezza di corpi molli, pingui, sfatti. Ricordo tanta trippa e seni penduli. Da segnalare che le età erano mediamente avanzate. Però sembravano pienamente soddisfatti della propria bruttezza.

Acque domenicali

Tagliamo in mezzo al girone dei nudi. Infatti avevamo notato che subito attaccati ai nudi, la spiaggia continuava con quelli in costume; quelli, diciamo, normali. Non c’era in effetti una netta distinzione. La spiaggia aveva un limite non definito tra gli scostumati e i costumati. Camminando per una decina di metri, finalmente, troviamo borghesissima gente in bikini e bermuda.
Qui occupiamo un angolo per noi. Sistemiamo i teli. Per far ridere le mie figlie, dico: “Quasi quasi mi metto nudo come un tricheco”. “Papà… ti prego…”.
“Ah no? Allora mi butto in acqua!” E così faccio.
In acqua, oltre una marea di gente pressata e festante, c’era un letamaio composto da pezzi di plastica, alghe, strati di schiuma indefinibile.
“Cercate di non bere!” ho detto.

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