Gogol’

Nikolaj Vasil’evič Gogol’ (1809-1852): tipo strano! Basso di statura, sempre immusonito, perso nei propri pensieri, introverso. Eppure anche istrionico e tremendamente ambizioso; per niente stupido, anche se poteva sembrarlo. Camminava (chi lo ha conosciuto dice) un poco storto e ti guardava di sbieco.

Un ragazzo deriso

Il termine “gogol’” in russo indica una piccola anatra. Ulteriore motivo per deriderlo. A scuola era preso di mira dai compagni; era oggetto, diremmo oggi, di bullismo. Si era iscritto al liceo in Russia, ma era quello che i russi definivano “un piccolo russo”, ovvero un ucraino.
Il suo obiettivo professionale era trovare un posto di lavoro in ambito burocratico, presso qualche ufficio governativo, e in parte ci riuscì, ma presto capì che quel posto non faceva per lui. Segretamente mirava ad altro.
Le sue prime mire artistiche furono in ambito teatrale: fare l’attore. E dimostrò anche di averne una certa stoffa, soprattutto per la sua innata capacità di mascherarsi. Avrebbe voluto però scrivere. Ci provò, inizialmente con testi poetici, che non erano male. Poi tentò la narrativa, ma chi lo lesse gli annotò: “Lascia perdere la letteratura, non sei tagliato. Si vede da subito!”

Ed ecco un esempio della sua astuzia: capisce che, per farsi notare come scrittore, deve puntare a qualcosa che il pubblico possa apprezzare. E intuisce che le storie di tipo rurale piacciono. Nel giro di pochi anni pubblica una raccolta di racconti sotto falso nome: La veglia alla fattoria di Dikan’ka. Il libro riscuote un largo, immediato successo. Addirittura riceve le lodi di Puŝkin, che diventerà suo amico e protettore, nonché consigliere. Il più grande libro di Gogol’, Le anime morte, nasce da un aneddoto raccontatogli appunto da Puŝkin. Questo rimane il suo più ambizioso progetto, non ancora realizzato, però; intanto continua a pubblicare e ogni opera è apprezzata dal pubblico e dalla critica. La sua forza è la novità dello stile: in un clima letterario rigoroso, censurato e censurabile, egli inserisce l’assurdo e il comico, con cui riesce ad analizzare la realtà con occhio beffardo.
In effetti, chi lo ha conosciuto, dice di lui che sapeva farti piegare dal ridere restando totalmente serio.
Intorno ai 27 anni è già uno degli autori più importanti della Russia.

Le anime morte

Gogol’ non pare che avesse tuttavia un’idea comica di sé ma, anzi, molto seria. Con sé stesso è tremendamente severo e puntiglioso. Quando qualcosa che scrive non lo convince, la dà alle fiamme. La seconda parte di Le anime morte (mai ufficialmente conclusa) è stata gettata da lui stesso nel fuoco tre volte, di cui due certe (l’ultima poco prima di morire). Chiede ai propri lettori di scrivergli per indicargli cosa si potrebbe migliorare. E lo fa continuamente.
Sapeva (e non a torto) che Le anime morte sarebbe stata la sua più grande opera, quella che sarebbe passata alla storia. Tuttavia, il fatto di avere successo pare interessargli relativamente. “La gloria dei contemporanei non vale un soldo” dice.

Mondanità

Raramente rimane in Russia. Non ha una casa, non ha una dimora stabile; viaggia spesso. Non pare avere interessi né verso la politica né verso l’amore. Frequenta salotti nobili, colazioni, pranzi, cene, ma in modo spesso svogliato. Rimane isolato, sempre all’inseguimento dei propri progetti letterari. Tra i 30 e i 40 anni si dedica totalmente alla scrittura di Le anime morte, in un continua alternarsi di esaltazioni e crisi.

Santone

Poi forse esagera. Forse la situazione inizia a sfuggirgli di mano. L’idea che ha di sé stesso, già alta, aumenta ulteriormente l’asticella. Dalle sue lettere sappiamo che si ritiene protetto da Dio e gli amici iniziano a sospettare che sia pazzo. Nei salotti alto-borghesi che frequenta dà sfoggio di sé, non tanto come scrittore, quanto come guida spirituale. La sua nuova immagine pubblica infatti è quella del profeta. Tra i suoi adepti vi cono soprattutto ricche donne: o giovani o vecchie; niente vie di mezzo. E non è che si faccia santone in cambio di chissà quali favori intimi, il suo è un puro interesse etico-religioso: intende redimerli. Con esse si mostra come un maestro dispotico: dà loro da studiare i salmi e ripeterli, e se sbagliano le ammonisce e rimanda l’interrogazione al giorno dopo.

Fine corsa

Inizia però a ricevere forti critiche, prima dai suoi amici (che affettuosamente lo ammoniscono) poi da altri uomini di cultura. Ciò mina ulteriormente il suo già delicato equilibrio psichico. Gli ultimi anni è sempre più isolato. Sempre più torturato dal non riuscire ad adempiere in pieno alla propria missione spirituale. Compie un viaggio in Palestina (in progetto da anni) ma rimane deluso per il non avvertire alcuna particolare vibrazione nell’anima. Si chiude, sempre di più in casa e in sé stesso. A 40 anni sembra un vecchio malato. E muore in modo imprevedibile. Non si capisce neppure esattamente di cosa. Forse un tentativo di digiuno che gli sfugge di mano. Anche i dottori rimangono allibiti di fronte alla sua fatale cocciutaggine.

Per approdondire: (a cura di) Giovanni Maccari Nikolaj Gogol’ nei ricordi di chi l’ha conosciuto

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